martedì 9 ottobre 2012

La stessa realtà - libro di Cristiano Bartolomei





Non c’è una vera ragione per cui dovrebbe essere importante leggere queste pagine: come tante altre cose nella vita, potrebbe risultare un’azione di poco conto o, nel migliore dei casi, potrebbe portare alla consapevolezza dell’esistenza di altri mondi, al di fuori della nostra anima e dei nostri pensieri.
Si, nuovi mondi, persi come isole inesplorate,
lontani come certi sogni, inafferrabili come  pensieri nascosti. Eppure, basta davvero poco per riscoprire sé stessi in un altro volto, in un altro tempo, in un cuore che non sia il nostro.

Riflessioni e pagine scritte sommergono il presente come in un vecchio studio, dove la scrivania giace passiva sotto montagne di fogli senza nomi e senza numeri. Ed è forse sotto questa apparente confusione, velata dalla polvere del tempo, che qualcosa potrebbe riaffiorare dal buio della ripetitività e dell’inconsapevolezza.

La cosa che credo sia importante per un individuo è possedere un pensiero ben definito, avere qualcosa da dire per arricchirsi ed arricchire gli altri. In questa tenue speranza di scambievoli rapporti non vi rivelerò se ho letto, se mi è stato riferito, se ho ascoltato, o se mai sia questa la mia vita o quella di qualcun altro.

Se qualcosa vi risultasse poco chiaro, non saprete assolutamente a chi rivolgervi. Dico questo non per uscire fuori dai canoni, ma perché almeno leggendo sarete assolutamente sicuri di essere veramente soli con voi stessi e con il vostro nuovo libro.

Vi rivelo un piccolo segreto: in questo momento credete, anzi, siete sicuri, di leggere, mentre in realtà state ascoltando, come una musica dolce, un canto lontano, il canto di un uomo che da giorni si trovava su una scialuppa in mare aperto.


 Aveva il viso cotto dal sole, i capelli tinti qua e là dal grigio, le sopracciglia folte, un profilo greco direttamente unito ad uno sguardo profondo: le sue mani erano grandi, la sua bocca carnosa e seria, sembrava una scultura. Non altissimo, ma guardandolo veniva da pensare ad un atleta, ben piazzato, allenato, agile e forte.

Soffermandosi sul suo volto, gli occhi attiravano maggiormente l’attenzione, e mentre ci si perdeva nella profondità del suo sguardo ci si rendeva conto che tutto il resto era irrilevante. Era una strana luce quella che illuminava i suoi occhi, una luce che non dava il tempo di chiedersi quanti anni avesse, chi fosse o cosa facesse nella vita. Era semplicemente un uomo, nella sua essenzialità di essere umano. State pensando che fosse un naufrago?

No, non lo era, naufrago di se stesso direi, perché viveva così, alla giornata, assecondando ogni suo minimo desiderio o pensiero. Non avevo mai conosciuto una persona capace di tramutare ogni piccola riflessione o sentimento in azione, era forse proprio per questo che sembrava così vero. E questa sua speciale caratteristica lo rendeva diverso da chiunque, allontanandolo dalla menzogna, dalla falsità, dall’essere un comune mortale.

Di certo non era un Dio, anche se in quel momento veniva dal mare. Scese dalla barca tirandola a sé, osservando le sue orme che scomparivano sotto le onde leggere di quella mattina d’autunno. Era uscito in mare per isolarsi un po’ dalla vita quotidiana; amava andare in barca quando era triste, lo aiutava a non pensare.

Daniele, così si chiamava l’uomo che lasciava dietro di sé la barca e si avviava alla sua abitazione, a pochi passi dalla spiaggia. Il nonno gli aveva trasmesso la sua passione per il mare, raccontandone segreti, leggende, avventure forse mai vissute, ma emozionanti per un ragazzino fantasioso e amante della libertà. Ripensava spesso al suo nonnino caro ogni volta che usciva in barca, la profondità dei suoi occhi si colorava della luce rossa del tramonto ed in quello sguardo brillava per un istante qualche lacrima. A volte sembrava quasi che sorridesse al ricordo del tempo passato insieme al padre di suo padre, perché in fondo al cuore sentiva che quel passato lo rendeva una persona particolarmente sensibile, ricca di emozioni e sentimenti.

La gita in barca era trascorsa con qualche piccola disavventura. Infatti, allontanatosi un paio di km dalla costa,

una burrasca lo aveva sorpreso trascinandolo al largo, cosa che non gli permise di rientrare in giornata. Aveva dormito in mare, solo con i suoi pensieri, solo di fronte al cielo ed alle stelle. Varcò la soglia della sua abitazione e si rilassò sul divano. Non so quanto amasse vivere solo, di certo non sembrava essersela scelta quella vita e, se lo desiderate, ora vi racconterò il perché.

Parlavo della sua infanzia, delle sue uscite a pesca con il nonno ed al suo essere particolare, non tanto negli intenti, perché era un bambino come tutti gli altri, quanto per quella innata capacità di sognare e di spaziare oltre i confini terreni. Amava giocare con i suoi amici, ma era sempre un po’ triste, quasi gli mancasse qualcosa.

Mi ritengo fortunato, perché incontrai quest’uomo, perso  nella sua malinconia, nella sua estrema solitudine, e mi raccontò in parte la sua storia…